Sa 4833 Locandina

L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI

di Jean Giono © Éditions Gallimard, Paris 1980 | © 1998 Adriano Salani Editore S.u.r.l.

Spettacolo teatrale realizzato a cura della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi in occasione del 160° della casa Editrice Salani Editore
per Book City Milano 2022

Sabato 19 novembre 2022
doppia replica ore 16:00 e ore 19:00
Sala Teatro - Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi
Via Salasco 4, 20136 Milano

Crediti

L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono

Copyright © Éditions Gallimard, Paris 1980
Copyright © 1998 Adriano Salani Editore S.u.r.l.
Illustrazioni: Copyright © Tullio Pericoli
Tutti i diritti riservati

scenografie e animazioni tratte dalle tavole di Tullio Pericoli
adattamento drammaturgico di Matilde Marras
regia di Giulia Sangiorgio
con Giovanni Franzoni, Simone Ruvolo

luci | Paolo Latini, Simona Ornaghi con il supporto di Giulia Bandera e Martina Villa
scenografie | Alice Capoani e Mattia Franco
costumi | Nunzia Lazzaro, Fabiola Soldano, Maria Caselli, Kryss De Caro
motion designer | Giulio Gatto
videoproiezioni | Fabio Brusadin
coordinamento del progetto |Lorenzo Vannacci
foto di Alice Bellati

produzione | Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi in collaborazione con Adriano Salani Editore

Nota di regia

Se dovessi riassumere L’uomo che piantava gli alberi, direi che è la storia di un uomo di cinquantacinque anni che, dopo aver perso il suo unico figlio e sua moglie, cerca il senso della sua esistenza piantando alberi che gli sopravvivano. Si menziona la morte come qualcosa di naturale, in questo libro, come qualcosa sopra la quale non c’è motivo di soffermarsi. Forse perché questo misterioso pastore che pianta gli alberi, nella sua calma silenziosa di chi ha smesso di lottare col tempo, sembra un albero anche lui, e ignora la guerra del ’14 come quella del ’39. “Ha trovato un bel modo di essere felice!” dicono di lui: in sostanza vivere nella natura, prendersi cura di sé e del mondo, avere delle abitudini e un motivo per alzarsi la mattina.
La ricerca della felicità è legata alla cura della cosa pubblica. L’aspetto che più mi colpisce di questo testo è l’amore privo di desiderio di possesso con cui Elzéard Bouffier compie la sua opera. Non per utilitarismo, non per soldi, non per gloria: “Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparteneva. Mi rispose di no. Sapeva di chi era? Non lo sapeva. Supponeva che fosse una terra comunale, o forse proprietà di gente che non se ne curava? Non gli interessava conoscere i proprietari. Piantò così le cento ghiande con estrema cura.” Vorrei che questo spettacolo fosse un pretesto per chiederci: cosa lasceremo al mondo e a chi verrà dopo di noi? Qual è il senso della parola comunità? Come possiamo sentire vicine persone sconosciute? Le splendide illustrazioni di Tullio Pericoli prendono vita nelle animazioni di Giulio Gatto, in uno spazio bianco e senza tempo come le pagine della storia che i due protagonisti stanno cercando, faticosamente, di ricomporre.


Giulia Sangiorgio

Nota dell'autrice dell'adattamento teatrale

Così come piantare alberi lascia un segno nel tempo, così anche narrare storie può diventare un rito che sopravvive alla nostra morte. Da qui la scelta di inserire, in questo riadattamento, una cornice narrativa in cui un figlio rivela al padre la storia che lui stesso gli raccontava sempre, ma che ora non si ricorda più: la storia di Elzéard Bouffier. Il figlio, come un seme accuratamente innaffiato, rappresenta la speranza in un futuro possibile. Infatti il ragazzo si occuperà di seminare le parole del racconto su carta, in un processo lungo e accurato, in modo che ciò che è stato piantato resti nel tempo, indelebile e indimenticabile. I riferimenti, nella breve cornice, alla minaccia della guerra, richiamano le parti del testo in cui il rispetto per la natura e per gli altri esseri viventi viene presentato come unica soluzione per vivere in pace. In questo senso la gentilezza verso le persone sconosciute e l’amore per la cosa pubblica diventano l’arma più potente e il teatro si fa metafora di questo rito collettivo volto a eliminare la distanza fra dimensione pubblica e privata.
Il testo di Jean Giono è stato lasciato quasi totalmente invariato: i discorsi indiretti sono stati trasformati in alcuni punti, per esigenze sceniche, in discorsi diretti e sono stati effettuati alcuni tagli per questioni di durata. Si è scelto inoltre di eliminare i riferimenti di spazio e tempo presenti nel racconto originale, che potrebbe così essere ambientato in diverse epoche. Le opere di Tullio Pericoli infine, insieme al costante lavoro di riflessione sul presente e di scrittura di scena con gli attori, hanno ispirato e stimolato la drammaturgia.

Matilde Marras