800Px Ödön Von Horváth

29 studi su «Storie del bosco viennese» di Ödön von Horváth

Lazione aperta a cura di Alberto Cavecchi con gli Attori del Corso Recitazione (II anno)

giovedì 11 e venerdì 12 aprile 2019
ore 18:30 - Teatrino
Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi

Il cast

Giulia Amato, Valerie
Maria Bacci Pasello, Marianne e madre
Gerardo Benedetti, Alfred e narratore
Fabrizio Calfapietra, Erich e Havliceck e Padre Chardonnay
Maria Canal, Marianne
Rossana Cannone, Valerie
Gaetano Franzese, Mago
Michele Magni, Alfred e narratore
Lucrezia Mascellino, Marianne e nonna
Jasmine Monti, Marianne e Madame Maxìm
Isabella Mottinelli, Marianne
Emanuele Righi, Oskar e Barone Hierlinger e «il Mister»
Arianna Sain, Valerie

scene: Pio Manzotti, Mattia Franco, Alice Capoani
costumi: Enza Bianchini, Nunzia Lazzaro
luci: Paolo Latini, Simona Ornaghi

Il testo

Marianne, la figlia di un rivenditore di giocattoli, soprannominato "Mago", è fidanzata sen-za entusiasmo con il macellaio Oskar ma durante un picnic nel Bosco Viennese conosce l’ amante della tabaccaia Valerie, Alfred, che vive di scommesse alle corse dei cavalli e se ne innamora. Ribellandosi a suo padre, si trasferisce a vivere con lui ed ha un figlio.

Insofferente alla vita familiare lontana dalle corse e stretto dalle difficoltà economiche Al-fred spinge Marianne ad intraprendere la carriera di ballerina nell’equivoco locale di «Ma-dame Maxìm», un cabaret dove le ragazze si esibiscono seminude in spettacolini di caratte-re osé. Il bambino viene portato in campagna presso la madre e la nonna di Alfred, quest’ultima malsopporta l’unione tra i due e tollera a stento la presenza del piccolo.

A Vienna, durante la festa del vino Marianne si esibisce nel locale inconsapevole della pre-senza tra il pubblico di suo padre e di Valerie, ne segue un grande scandalo. La sera stessa Marianne viene accusata di furto ai danni di un cliente che cercava di abbordarla e viene condannata alla galera. Scontata la pena, durante la quale subisce gravi umiliazioni psichi-che e fisiche, torna in quella «tranquilla via nell’ottavo distretto» dove nel frattempo Al-fred è già tornato con Valerie. Oskar si dichiara pronto a riprenderla con sé se si trovasse una soluzione per il bambino che lui non può accettare, ma il figlio è l’unica cosa che le è rimasta. Quando però tutti si recano alla casa della famiglia di Alfred nella Wachau ap-prendono che - per colpa della vecchia nonna - il bimbo si è ammalato ed è morto. Ma-rianne, ora completamente spezzata e priva di ogni volontà, accetta la proposta di Oskar e se ne va con lui.

Note di regia

«Storie del Bosco Viennese» scritta nel 1932 da Ödön von Horváth è una storia popolare, metafora della perdita di ogni punto di riferimento valoriale in una società frantumata dalla grave crisi economica e di lì a poco preda del movimento nazista. Forse anche per questo la figura principale, una giovane donna che cerca la propria realizzazione attraverso una scelta libe-ra e che viene piegata fino a spezzarsi e annichilirsi, si chiama Marianne, come quella Marianne francese, donna del popolo e della rivoluzione, sim-bolo prima di tutto dell’ideale di libertà.

Nel laboratorio, senza approfondire tutte le implicazioni storiche e politiche che sono contenute nell’opera del drammaturgo austriaco, questo materiale è stato utilizzato come una palestra per allenare la capacità degli attori a comprendere le ragioni che sono il motore delle situazioni proposte dal te-sto, le loro dinamiche, e a farle vivere in scena in modo credibile e non let-terario, sia con riguardo alle relazioni psicologiche tra i personaggi che alla concretezza dei dialoghi che scaturiscono da queste situazioni.

In questo il testo si è rivelato uno strumento efficace grazie alla grande modernità della scrittura.

Il lavoro si è svolto partendo dall’analisi e dalla discussione sugli obiettivi scenici e dalle improvvisazioni favorendo la rimozione di stereotipi alla ricer-ca di una creazione personale. Il risultato sono questi 29 studi, per lo più scene di dialogo tra due personaggi, che costituiscono la dorsale dell’intero testo. Trattandosi di un laboratorio su scene di dialogo, le parti di insieme ed i passaggi tra una scena e l’altra sono state teatralizzate e trattate in modo più narrativo, gli attori sono per lo più a vista, cambiano le scenogra-fie che sono essenziali e rimangono presenti ai margini del palcoscenico. Abbiamo però ritenuto che, pur non procedendo ad un montaggio vero e proprio, questi momenti fossero comunque indispensabili per dare un sen-so ad una storia - altrimenti poco comprensibile - che ci è piaciuta e che fossero anche l’occasione di raccontarla come un ensamble.

ALBERTO CAVECCHI